Irene Trotta ha iniziato con la nostra Accademia a Firenze e ora svolge questo lavoro da professionista. Questa è la sua storia.
D. Com’è nato in te il desiderio di diventare doppiatrice?
R. Ho sempre desiderato recitare, a 7 anni ho cominciato un corso di teatro e non ho più smesso. Sin da bambina riconoscevo “le voci” nei miei cartoni preferiti e crescendo mi sono appassionata al cinema, specialmente quello americano e inglese, il doppiaggio è stato il modo per avvicinarsi a quei prodotti e in qualche modo farne parte.
D. Racconta l’esperienza con l’Accademia del Doppiaggio e, se ti va, qualche aneddoto.
R. Ho sempre ritenuto che sia stato il destino a farmi imbattere in questo corso. Io sono cresciuta ad Arezzo dove di corsi di doppiaggio non ce ne sono, l’unica grandiosa esperienza in quell’ambito era stata uno stage di un fine settimana tenuto dal grande Mario Maldesi. Io avevo 15 anni e quei 2 giorni cambiarono la mia vita. Avevo deciso cosa volevo fare da grande. Qualche anno dopo, nel 2008, un giorno una mia amica mi chiese se potevo accompagnarla a Firenze per un esame e, passeggiando per la città, attaccata a un semaforo vidi la locandina dell’Accademia di doppiaggio di Christian e Roberto. Fu un segno, la strappai dal semaforo e chiamai il giorno stesso per chiedere quando si sarebbero tenuti i provini. Quando mi chiamarono per dirmi che avevo superato il provino ho fatto salti di gioia. Così sono cominciati 2 anni di weekend di doppiaggio a Firenze. Devo dire che mi sono trovata benissimo, la cosa che ho preferito in assoluto è stata la sincerità dei 2 insegnanti. Non ci hanno mai fatto credere che usciti di lì saremmo stati doppiatori, ma che se avessimo avuto tenacia e coraggio, con alle spalle due anni di corso potevamo avere un’idea di come affrontare il lavoro. Non ci hanno illuso mai, anzi, a volte sono stati fin troppo severi nei loro giudizi, ma è stato fondamentale per capire che se avessimo deciso di intraprendere questo percorso ci saremmo scontrati con professionisti di livello ineguagliabile. Poi ci hanno fatto ridere da morire, non passava una lezione senza che avessimo riso. Durante l’ultima lezione ci hanno detto chi secondo loro era pronto per scendere a Roma e cominciare a “girare” per studi di doppiaggio, io ero una delle tre persone a cui hanno dato l’ok e tutti e tre stiamo lavorando da ormai 9 anni.
D. Raccontaci la tua prima esperienza in sala di doppiaggio.
R. Il mio primo turno di doppiaggio è stato con Chiara Colizzi. Era un turno di brusio e io ero terrorizzata. Andò bene perché la direttrice fu dolcissima e anche se ero agitata mi mise completamente a mio agio. Si trattava di una serie chiamata Awkward in cui mesi dopo Chiara mi affidò un piccolo personaggio ricorrente. Essere nelle mani di un’ottima e paziente direttrice mi ha fatto vivere i primi turni con serenità. E’ importante essere in buone mani, soprattutto all’inizio.
D. Quali sono state le prime difficoltà che hai incontrato e come le hai risolte?
R. La difficoltà principale è stata con me stessa: non ero fatta per andare a promuovermi negli studi, ero imbarazzata e avevo sempre il terrore di disturbare le persone. Col procedere dei mesi ho capito che non c’erano alternative. O mi decidevo a rompere le scatole a qualche direttore o non avrei mai fatto questo lavoro. Così mi sono fatta coraggio e ho cominciato a chiedere di assistere e a fare qualche provino, piano piano, hanno cominciato a chiamarmi e a memorizzare chi ero. La prima difficoltà è sempre restare nella memoria dei direttori. Poi quando smetti di preoccuparti di rimanere in testa a chi ti deve chiamare ai turni cominci a confrontarti con tutti i difetti che hai al leggio. Ci sono direttori capaci di farteli notare e affrontare, qualcuno ti insegna come superare difficoltà e blocchi, purtroppo c’è sempre meno tempo da dedicare all’insegnamento ed essersi allenati per due anni con Christian e Roberto è stato di grande aiuto.
D. Quali sono le differenze nel doppiaggio di un film, di un documentario e di una pubblicità? Come si deve approcciare un doppiatore a questi tre tipi differenti di prodotto?
R. La differenza purtroppo fondamentale è il tempo e di conseguenza la cura. Per Documentari ormai intendiamo tutto ciò che doppiamo in simil sinc. La maggior parte dei prodotti non sono di grande qualità, ma le volte che capita che un documentario tratti un argomento interessate è davvero un dispiacere dedicargli poco tempo e attenzione. Nei film ovviamente c’è più cura, più lavoro sulla recitazione, più tempo per vedere le scene da doppiare e entrarci dentro. Le pubblicità sono un mondo separato che non ho ancora avuto il piacere di esplorare più di tanto, mi è capitato di fare qualche provino e trovo che sia sempre surreale. Bisogna esagerare nelle pubblicità, mentre nei film nelle serie e nei documentari bisogna attenersi a quello che è già stato fatto da qualcun altro. L’approccio non cambia, dovremmo riuscire a essere a disposizione delle direttive del direttore qualsiasi prodotto ci troviamo a doppiare.
D. Ti sei mai immedesimata fin troppo in un tuo personaggio?
R. No, mi è capitato a volte di rimanere con uno stato d’animo del personaggio che doppiavo, ma passa velocemente.
D. Ti è mai capitato di doppiare, in uno stesso giorno, personaggi molto diversi tra di loro (magari una buona da una parte e un’assassina dall’altra)? È difficile o le tue emozioni restano confinate in quel preciso momento?
R. Capita tutti i giorni di passare da un personaggio all’altro a distanza di poco tempo. Probabilmente è un processo che risulta difficile nel momento in cui non lo si vive con un adeguato livello di divertimento. Questo lavoro se pur con le sue difficoltà resta pur sempre un meraviglioso “gioco”, che va vissuto professionalmente ma sempre con gli occhi di un bambino. Ad oggi io mi diverto moltissimo a passare da un ruolo all’altro ma soprattutto da un’emozione all’altra all’interno di una stessa giornata.
D. Rivedi i film che doppi? Se sì, che emozioni provi quando sei nella sala di un cinema, consapevole che tutti gli altri non sanno di essere seduti vicini alla voce che stanno ascoltando?
R. Personalmente mi ritrovo molto più spesso a riascoltarmi nelle serie tv o comunque prodotti che vanno in onda su piattaforme come Netflix, Amazon Prime ecc. Mi capita di frequente ricevere messaggi da amici e parenti che dicono di avermi riconosciuta in questo o quel prodotto. Riascoltarsi non è mai facile, ma trovo che sia un buon modo per capire quali aspetti del proprio lavoro sono soddisfacenti e su quali altri invece si può lavorare.
D. Qual è il personaggio che ti è più piaciuto interpretare? E quale attrice vorresti doppiare in futuro?
R. Ho doppiato di recente un’attrice nella serie Hollywood e mi sono divertita moltissimo. Una vamp un po’ capricciosa. Non so chi mi piacerebbe doppiare in futuro, sicuramente vorrei che fosse un ruolo divertente magari in una serie longeva come Friends, in modo da affezionarsi molto a lei e imparare a capire ogni sfumatura per doppiarla al meglio.
D. Cosa ti piace di più del mondo del doppiaggio e cosa cambieresti?
R. La cosa che preferisco è la magia! Il momento in cui rivedendo la scena doppiata sembra che sia nata così, in italiano. Mi piace il fatto che ogni giorno capiti di essere personaggi diversi. Se potessi cambierei il modo in cui si accede a questo mondo, vorrei che fosse accessibile ma regolamentato. Inoltre, sarei più selettiva circa la scelta dei talent, che la maggior parte delle volte risultano inadeguati al ruolo che gli assegnano.