Francesco De Marco

Francesco De Marco decise di spostarsi in un’altra regione pur di seguire i corsi dell’Accademia. Un bel percorso che lo ha portato a diventare professionista e a partecipare anche a serie di successo come Vikings e The Handmaide’s Tale.

D. Com’è nato in te il desiderio di diventare doppiatore?
R. La passione si è accesa in me all’età di quindici anni. Ascoltando le voci nei film rimanevo affascinato dalla personalità che ogni attore emanava, mai avrei immaginato che in realtà si nascondesse, nel buio di una sala, un attore italiano. Pensare di poter essere io in quella sala mi riempiva di gioia ed entusiasmo e, ogni volta che vi entro, provo quella stessa sensazione di amore e gratitudine come se fosse sempre la prima volta.

D. Racconta l’esperienza con l’Accademia del Doppiaggio e, se ti va, qualche aneddoto.
R. Sono di Milano, ma all’epoca l’Accademia qui non c’era ancora. Decido quindi di andare nella sede più vicina, Firenze! Provino con Roberto Pedicini, che ve lo dico a fare?! Emozione a mille, ma dopo aver letto due righe mi sento dire che sono passato e la gioia è infinita. Tutto il percorso è stato molto intenso dall’inizio fino alla fine, e una delle cose molto importanti che mi sono sentito dire è stata che se non ci avessi messo del mio lavorando a casa e frequentando gli studi , non sarei diventato magicamente doppiatore al termine del percorso scolastico. Robi e Chri diventano due punti di riferimento per me artisticamente parlando. Capisco dopo poco che il vero lavoro lo si fa seduti a posto, ascoltando i miei compagni.

D. Raccontaci la tua prima esperienza in sala di doppiaggio.
R. La mia prima volta al leggio ricordo un’emozione fortissima, l’amore che provai in quell’atmosfera al buio con davanti uno schermo e le luci sul copione. In quel momento capii che io e il microfono non ci saremmo mai più divisi. Non riesco a capacitarmi di tanto amore per una professione, per quanto mi riguarda il nostro destino non è già scritto, lo definiamo attraverso le azioni che decidiamo di prendere. Tanti si fermano al primo fallimento perché credono che non sia quella la loro strada, vi ricordo però che i più grandi hanno fallito innumerevoli volte prima di raggiungere un risultato eccellente e credo fermamente in questo. Ognuno di noi ha delle convinzioni potenzianti e limitanti e sta a noi attivare un loop di eccellenza che prevede anche e soprattutto fallimenti, perché fanno parte del gioco. Questo per dire che se c’è amore e passione, non importa quante volte cadiamo, ma bisogna avere il coraggio e la forza di rialzarci ed essere consapevoli del nostro immenso potenziale di cui tutti disponiamo. Solo così potremmo migliorarci sempre di più, nella recitazione e in tutto quello che fa parte della nostra vita e del nostro lavoro. Passiamo l’80% della nostra vita a lavorare e credo che tutti dovremmo fare qualcosa che ci piaccia profondamente.

D. Quali sono state le prime difficoltà che hai incontrato e come le hai risolte?
R. Il problema vero all’epoca era riuscire a gestire quell’emozione forte che inquinava in qualche modo la messa in opera della voce e quindi tutta la performance. Il giudizio che sapevo ci sarebbe stato nella sala regia (dove sedeva il direttore) era per me motivo di tensione e non riuscendomi a rilassare non facevo altro che agitarmi e leggere “parole in libertà”. Iniziai quindi a esercitarmi a casa tutti i giorni, tutto il giorno; articolazione, dizione, recitazione, lettura a prima vista , doppiaggi amatoriali di serie e film da casa, ma soprattutto iniziai a frequentare i turni di doppiaggio negli studi e così arrivò il giorno in cui chiesi un provino. Fu lo stesso giorno in cui ne vinsi uno e cominciai a lavorare dalla settimana dopo.

D. Quali sono le differenze nel doppiaggio di un film, di un documentario e di una pubblicità? Come si deve approcciare un doppiatore a questi tre tipi differenti di prodotto?
R. Ricordo le parole di Christian: “la voce va utilizzata a 360°” e così cominciai a fare. Quotidianamente ci troviamo a dover prestare la nostra voce per diverse tipologie di prodotti, doppiare un film richiede un’energia specifica e un certo tipo di predisposizione. Il tipo di recitazione e di utilizzo della voce varia in base al prodotto ovviamente e l’ho cominciato a capire quando ho iniziato effettivamente a lavorare. Mi rendevo conto giorno dopo giorno quali tipi di ingredienti dovessi ancora aggiungere per rendere il lavoro che stavo andando a fare il più completo possibile. Non si trattava solo di metterci la voce, ma era tutto l’insieme che contava . E soprattutto il denominatore comune, ovvero , la passione. La passione, la determinazione e la perseveranza sono state fondamentali nel mio percorso e lo sono tuttora! Ringrazio Marcello Cortese per avermi “iniziato” in questo lavoro e se oggi sono voce ufficiale di diversi Brand Nazionali e di attori in serie tv e film lo devo anche a lui.

D. Ti sei mai immedesimato fin troppo in un tuo personaggio?
R. Mi è capitato sì, a volte mi lascio prendere dall’emozione che vivo in quel momento e la cosa fondamentale è lasciarsi prendere sì, ma avendo consapevolezza e sfruttando l’onda di quell’emozione a nostro favore per restituire al meglio delle nostre possibilità ciò che è già stato fatto in presa diretta. Mi è capitato di farmi dei bei pianti ma anche delle belle risate! La magia del nostro lavoro è proprio quella, vivere e scoprire dentro di noi emozioni e suoni che non avresti mai scoperto se non grazie agli occhi nello schermo davanti a te. Magia!

D. Ti è mai capitato di doppiare, in uno stesso giorno, personaggi molto diversi tra di loro (magari un buono da una parte e un assassino dall’altra)? È difficile o le tue emozioni restano confinate in quel preciso momento?
R. Sì mi è capitato e le emozioni rimangono confinate in quel momento, è come se andassimo a schiacciare un pulsante, dopo un po’ diventa una sorta di automatismo. In termini di recitazione la difficoltà può essere a inizio turno, parlo dello switch da uno stato d’animo a un altro, il più delle volte si entra subito negli occhi, ma dopo aver ascoltato le indicazioni del direttore si va ad aggiustare il tiro e dopo qualche prova sul sonoro si procede al “muto” e si cerca di entrare il più in profondità possibile. La cosa a mio parere importante è vivere quegli stati d’animo cercando di essere distaccati dal proprio, solo così si torna a casa la sera sani di mente, si fa per dire eh ahah.

D. Rivedi i film che doppi? Se sì, che emozioni provi quando sei nella sala di un cinema, consapevole che tutti gli altri non sanno di essere seduti vicini alla voce che stanno ascoltando?
R. In genere non vado a rivedere i lavori svolti, ma se capita lo guardo volentieri cercando spunti di miglioramento. È capitato di essere al cinema con amici che dicevano: “è lui la voce di Pincopallino” dopodiché mi obbligavano ad alzarmi e ripetere la battuta che faceva effetto “wow” nella sala! Divertente direi.

D. Qual è il personaggio che ti è più piaciuto interpretare? E quale attrice vorresti doppiare in futuro?
R. L’attore che più mi è piaciuto doppiare è sicuramente Jordan Patrick Smith nella serie televisiva “Vikings”. Mi piacerebbe doppiare Tom Welling, nonostante il gap generazionale potrei incollarmici bene, almeno credo!

D. Cosa ti piace di più del mondo del doppiaggio e cosa cambieresti?
R. Mi piace tutto ciò che fa parte di questo mondo, onestamente non cambierei proprio niente, se proprio vogliamo essere pignoli magari potersi guardare il prodotto qualche giorno prima per avere il tempo di capire in modo più profondo il personaggio e la storia.

Francesco De Marco doppia Ubbe (Vikings)